venerdì 26 aprile 2013

Partigiani d'altra sponda

Per “I Partigiani d’altra sponda”

L'Anniversario della liberazione viene festeggiato il 25 aprile di ogni anno e rappresenta un giorno fondamentale per la storia d'Italia: la fine dell'occupazione nazista ed il termine del ventennio fascista.
Convenzionalmente fu scelta questa data, perché il 25 aprile 1945 fu il giorno della liberazione di Milano e Torino.
La Resistenza affonda le sue radici nell’antifascismo, nel periodo del suo avvento negli anni 20, anche se convenzionalmente viene collocata nel periodo 8 Settembre 1943 (armistizio di Cassibile) – 25 Aprile 1945.
La storia della liberazione della Sicilia ha invece una collocazione storica e connotati diversi: cominciò con “l’operazione HUSKY”: con lo sbarco in Sicilia degli Anglo-Americani 9-10 Luglio 1943 a Gela e Siracusa.
I siciliani emigrati si ritrovarono improvvisamente con le famiglie risucchiate al di la del fronte della guerra, impossibili da raggiungere, mentre i nazifascisti si spostavano verso nord, consumando gli eccidi più efferati della guerra.
Una liberazione con “connotati diversi” perché fu concordata dagli Anglo-Americani con “cosa nostra” fin dallo sbarco ed ancora prima: accordi preliminari tra rappresentanti del governo USA e chi aveva il potere di influenzare favorevolmente la popolazione allo sbarco: LA MAFIA.
(Fonte notizie: relazione della commissione parlamentare antimafia - 1976).
Il gangster italo-americano Lucky Luciano, che stava scontando 15 anni di carcere, su incarico dell’O.S.S. (servizio di intelligence USA), attivò una fitta rete di contatti tra "cosa nostra" U.S.A. e Boss Siciliani: la storia ci racconta che il Gen. Patton con le sue truppe raggiunse Palermo in soli 7 giorni ed occupò la Sicilia in 38 giorni, ma racconta pure che l’O.S.S. diede vita ad un’operazione parallela allo sbarco: “l'operazione underworld” nell’isola di Favignana, per liberare dal carcere i boss mafiosi detenuti.
In pochi giorni 850 uomini d’onore furono arruolati fra le truppe alleate, fra questi venne arruolato come ufficiale di collegamento del cosiddetto "mafia circle", Michele Sindona ed un certo Licio Gelli; ben 62 di loro diventeranno sindaci di comuni siciliani nel 1946, mettendo di fatto una pericolosa ipoteca sul futuro dell’isola. (per chi volesse approfondire consiglio: questo sito)
Per i suoi servigi Lucky Luciano venne graziato dagli americani, nel 1946 tornò a Napoli alla fruttuosa attività di contrabbando di sigarette e traffico di eroina.
Sarebbero questi i partigiani d’altra sponda? NO!  Tutt’altro!


Partigiano d’altra sponda,
ho conosciuto mafiosi, anziché fascisti,
la differenza non era poi molta:
stesse indicibili violenze,
stesso sistema di paura
 stessa scientifica teoria del silenzio,
stesso teschio come simbolo.
Sempre col vecchio dilemma
se rispondere allo stesso modo
o se scegliere la non–violenza,
se subire l’esercizio del ricatto
e sperare nella protezione dello stato
 oppure organizzare passaggi di lotta armata.
Nella teoria del rosso si amalgamano le arance,
i gelsi, il melograno, il pomodoro, il sangue.
Ogni giorno trangugi la bibita e ti predisponi all’assuefazione.
Nei casi di ordinaria eversione c’è l’emarginazione
per la scheggia impazzita c’è l’eliminazione.
[Salvo Vitale]

La Resistenza e la lotta di liberazione dei “partigiani d’altra sponda” è cominciata molto tempo prima: come lotta di classe per la liberazione dalla schiavitù del latifondismo, dando vita alla fine dell’800 al più grande movimento contadino europeo: i "fasci siciliani", movimento popolare di rivolta contro la nobiltà ed il latifondo difesi con le armi da “Gabelloti e Campieri” progenitori della Mafia.
108 morti negli scontri fra il 1893 ed il 1894 nella repressione armata dello Stato a difesa della nobiltà e del sistema feudale sopravvissuto all’Unità d’Italia.
Fu lunga anche la serie di morti e di oppositori al regime fascista: l’Italia ricorda in quegli anni Giacomo Matteotti (1924), Antonio Gramsci (1937), il cervello a cui si voleva impedire di pensare.
In Sicilia Bernardino Verro (Sindaco di Corleone); Nicola Alongi…
Ma se con il 25 aprile 1945 si concludeva la resistenza con la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista e da li a poco, gli orrori della secoda guerra mondiale, in Sicilia si continuava a morire (Niccolò Azzoti, 1946…): una lunga serie di Sindacalisti, capi popolo, contadini, che hanno proseguito la lotta del movimento contadino fino alla strage di Portella delle Ginestre (1° maggio 1947), ma anche dopo: Accursio Miraglia 1947, Placido Rizzotto 1948, Peppino Impastato, Pio La Torre… fino ad arrivare ai nostri giorni: i “Partigiani d’altra sponda” uccisi dalla mafia sono oltre 1000…. una resistenza che non è mai finita, che non ha ancora conosciuto il suo "25 aprile".
Portella delle Ginestre: la prima strage di Stato dell’Italia repubblicana (1 maggio 1947), rappresenta sicuramente l’anello di congiunzione e la continuità (se mai ce ne fosse sato bisogno), fra la resistenza partigiana per la liberazione dal nazi-fascismo e la resistenza dei “partigiani d’altra sponda” per la liberazione dall'oppressione mafiosa. Ma su questa strage (ufficialmente) non è dato sapere di più: un vergognoso “segreto di Stato” copre ancora la verità su ciò che accadde il 1° maggio 1947 in Sicilia. Tanti gli interrogativi, fra tutti: perché armi in dotazione al battaglione 10° MAS della R.S.I. hanno sparato in Sicilia contro uomini, donne e bambini inermi in un periodo di pace?

La mafia non è certo un fenomeno d’altri tempi: complicità, connivenze, silenzio, sottosviluppo, hanno reso vano il sacrificio di chi l’ha contrastata compiendo il proprio dovere istituzionale (Magistrati, Forze dell’ordine) e di chi nella società civile si è impegnato con la Politica, con l’informazione e come semplice cittadino pagando con la vita, non solo il compimento del proprio dovere ma il semplice difendere la propria dignità di uomini liberi: proprio come veri partigiani…
Ecco perché questo 25 aprile deve essere vivo e non durare solo l’arco di un solo giorno!
Ecco perché deve parlare con un’unica voce: quella della della libertà, della legalità e della partecipazione.
Ieri i partigiani lottavano per la liberazione dal nazifascismo, oggi quel testimone lo hanno raccolto quanti si impegnano nella lotta contro la mafia compiendo il proprio dovere Istituzionale, come politici e come semplici cittadini.
Le radici della Resistenza sono proiettate nel futuro: il 25 Aprile non deve essere il cullarsi in un sentimento di romantica nostalgia, ma proseguire nel cammino intrapreso dai partigiani, che oggi significa tradurre la lotta antifascista in un’opposizione intransigente alle mafie.
Ogni anno puntualmente si sente dire che "chi commemora il 25 Aprile è di parte…."
E’ vero! Tutti quelli che commemorano il 25 Aprile e rinnovano la memoria, l’impegno con forza ed orgoglio sono di parte: della parte nella quale dovrebbero stare tutti quelli che si battono per la legalità, per i diritti, per la pace, per la giustizia e per la dignità umana!
Essere da quella parte oggi significa rafforzare lo spirito democratico per contrastare la criminalità: più fragile è la democrazia, più forti sono le mafie.
Questo non bisogna dimenticarlo proprio in questo momento dove la politica è quanto mai debole ed autoreferenziale.
Oggi bisogna trovare tutti insieme la forza ed il coraggio per restituire all'Italia quel profilo di affidabilità e credibilità nei valori di libertà e di democrazia, su cui si fonda la nostra Costituzione!

venerdì 19 aprile 2013

I diritti negati dalle guerre e i diritti traditi dalle mafie


Queste le due tematiche del concorso “Largo a Peppino Impastato”, nella sua seconda edizione, promosso dal Comune di Castagneto Carducci (LI), in collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Castagneto Carducci, il Tavolo per la Pace della val di Cecina e il Circolo Arci Bassa val di Cecina, su cui gli studenti si dovranno cimentare con disegni, ricerche e quanto altro detta la fantasia.
Recentemente tre ragazzi che prestano servizio civile presso l’Arci di Cecina hanno tenuto altrettanti interventi sui temi della mafia, delle sue vittime e dei suoi protagonisti, coadiuvandosi con mezzi audiovisivi relativi a “Carte di Agrumi – 15 poster antimafia” mostra di Mauro Bubbìco, sulle tante vittime di mafia a partire da Rita Atria fino a Falcone e Borsellino ed il cartone animato "Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi”.
Sul tema dei “diritti traditi dalle mafie” il 13 aprile c’è stato un incontro con le terze classi di Donoratico a cui ha preso parte Benedetto Randazzo, che fra le domande dei ragazzi, con l’ausilio di audiovisivi, ha raccontato la sua esperienza giovanile a Radio Aut e l’impegno civile di Peppino Impastato  in una terra difficile come la Sicilia dove la mafia Benedetto l'ha raccontata come “la zavorra del sottosviluppo che di fatto impedisce il radicamento di una sana cultura della legalità intesa come rispetto dell’uomo, della sua dignità, delle regole oltre che delle leggi…”.
Una cultura sicuramente importante, da tenere integra e difendere, perché è chiaro che la mafia comincia a mettere radici nei territori dove questo complesso di elementi comincia a cedere.
Per la sezione “I diritti violati dalle guerre” per i ragazzi è stato realizzato lo spettacolo “Non dimenticateci” al teatro Roma di Castagneto.
Il titolo “Non dimenticateci e non dimenticate il nostro dolore…” è l’accorato appello che Annet Henneman, attrice protagonista, ha ascoltato dalle centinaia di persone incontrate durante i suoi 15 anni di viaggi in Iran, Iraq, Palestina, Giordania, Siria ed Egitto.
Dal 22 al 30 aprile si riunirà la giuria, costituita da alcuni professori in materie letterarie e di grafica dell’Istituto Polo Cattaneo di Cecina, esperti per poter giudicare sia i disegni che gli elaborati previsti.
Sono sette le classi che hanno aderito, 4 primarie (4A – 5A e 5B di Donoratico e la 5°A di Castagneto) 3 invece sono le secondarie (1A di Castagneto e 3C e 3D di Donoratico).
Il premio per la classe secondaria vincitrice dell’elaborato, consiste in un viaggio nell’antimafia sociale toscana: con un pullman messo a disposizione dall’amministrazione comunale i ragazzi con i loro insegnanti andranno il 9 maggio prossimo a Suvignano (Monteroni D’Arbia) provincia di Siena a visitare il Bene aziendale (si tratta di un’azienda agricola) di 780 ettari con numerosi poderi, stalle, due agriturismi, boschi, campi con varie coltivazioni. Di fatto è il bene confiscato alle mafie più esteso in Italia.
La data della visita non è casuale: il 9 maggio di 35 anni fa a Cinisi (PA) Peppino Impastato veniva assassinato dalla mafia per far tacere la “voce scomoda” che aveva avuto il coraggio di denunciare pubblicamente i legami fra una delle cosche più agguerrite della Sicilia occidentale ed il mondo della politica locale.
Marika Salvadori, assessore e ideatrice del concorso, ha chiesto tramite l’ARCI, un incontro dei ragazzi con il Sindaco di Monteroni D’Arbia (SI), prevista anche una sosta a Rosignano Solvay (LI) dove saranno ricevuti dal Sindaco davanti all’immobile confiscato alla mafia (recentemente assegnato a scopo sociale).
Il premio per il vincitore del disegno (classe primaria), consiste invece nel posizionamento del disegno ingrandito e plastificato presso il Largo Peppino Impastato a Donoratico.
Lì il 23 maggio prossimo si terrà la cerimonia ufficiale con tutte le classi che hanno aderito, l’amministrazione comunale, invitati anche i genitori degli alunni.

mercoledì 17 aprile 2013

Novanta testate atomiche sotto i nostri piedi

Le bombe nelle basi Usa di Ghedi Torre (Brescia) e Aviano (Pordenone). Silenzio assoluto sugli arsenali. Un accordo americano copre tutto
[di Fabrizio Di Ernesto su www.lanotiziagiornale.it]
Per ben due volte nell’arco degli ultimi 15 anni milioni di italiani si sono recati alle urne per dire no alla possibilità, per il nostro Paese, di sviluppare e produrre energia nucleare per scopi civili. Questi stessi italiani però, forse, non sanno che possediamo un verso e proprio arsenale nucleare.
La cosa appare assurda e paradossale considerando che nel 1975 Roma ha sottoscritto il Trattato di non proliferazione nucleare, eppure sul nostro suolo si trovano poco meno di un centinaio di testate atomiche.
Per l’esattezza sono 90 le bombe di questo tipo stipate, poco più della metà di queste ovvero 50, nella base Usa di Aviano nei pressi di Pordenone, mentre le restanti si trovano custodite nella base statunitense di Ghedi Torre nel bresciano.
Tecnicamente parlando si tratta di armi tattiche, di potenza e gittata minore rispetto a quelle strategiche quindi, denominate B61; queste sono bombe gravitazionali che per essere utilizzate devono essere lanciate da aerei appositi, o almeno compatibili, attualmente potrebbero essere lanciate solo dagli F16 o dai Tornado; hanno una potenza che varia, a secondo del tipo e della grandezza essendone state costruite almeno tre diversi tipi, da 0,3 a 170 chilotoni che se utilizzate genererebbero una distruzione 900 volte superiore a quella prodotta su Nagasaki o Hiroshima.
A breve, all’incirca nel 2016, queste testate lasceranno l’Italia, o meglio lasceranno il posto a nuove bombe, più maneggevoli e moderne; in modo molto lento infatti sarà avviato lo smantellamento di questi ordigni e la sostituzione con le nuove testate nucleari, realizzate secondo gli ultimi progetti approvati dal Pentagono, che però non saranno pronte prima del 2019.
Nello specifico questi nuovi ordigni avranno una maggiore precisione e ridurranno il fallout radioattivo conseguente all’esplosione, mentre la carica nucleare verrà riutilizzata, con una potenza massima nell’ordine dei 50 chilotoni. Nel frattempo inoltre inizieranno gli addestramenti di nuove truppe specializzate capaci di utilizzare questi ordigni, in Italia hanno queste facoltà solamente i militari statunitensi di stanza a Ghedi o Aviano, mentre ai nostri soldati non è concesso l’uso di questi mezzi, anche se la clausola della “doppia chiave” contenuta in alcuni documenti tra le parti prevede la possibilità che queste bombe siano utilizzate anche dalle nostre forze armate, ma solo dopo che gli Usa ne abbiano deciso l’impiego. Omertà Ovviamente i politici italiani non hanno mai ammesso o confermato la presenza di queste bombe nel BelPaese ma sono stati gli stessi Usa a confermarla in più di una occasione.
Già l’11 luglio 1986, pur nel silenzio generale, alcune agenzie di stampa ribatterono una notizia apparsa sul Washington post in cui si riferiva che il Pentagono aveva appena annunciato il Piano WS3 il quale prevedeva che in 25 diverse basi americane sparse per il mondo, tra cui quelle italiane di Ghedi, Aviano e Rimini, sarebbero stati dislocati bombardieri atomici ed ordigni nucleari non più sotto gli hangar dei bombardieri, bensì all’interno di speciali rifugi.
Una nuova conferma arrivò nel 2005 quando la declassificazione di un rapporto statunitense sulle armi nucleari americane in Europa accertò la presenza nel vecchio continente di circa 400 testate nucleari, 90 delle quali custodite in Italia. Altra conferma importante quelle giunta alcuni anni fa da parte Robert Norris, uno studioso del Natural resources defense council di Washington, che dopo aver esaminato alcuni documenti ufficiali del Pentagono confermò la presenza di queste bombe in Italia, quantificandole però in una trentina, la maggior parte delle quali custodite ad Aviano.
Inquietante però quanto aggiunto subito dopo dal ricercatore. Questi infatti disse che quasi tutta la parte riguardante il nostro Paese era stata cancellata; lui e i suoi colleghi avrebbero ricostruito gli “omissis” del documento principale utilizzando altre fonti e analizzando nel minimo dettaglio tutte le tabelle allegate al foglio più importante.
Ma quando, come e perché queste armi sono arrivate in Italia? I primi ordigni giunsero nel 1957 anche se già dalla fine dell’anno precedente i militari statunitensi di stanza nello Stivale erano equipaggiati con missili Corporal e Honest John su cui vennero montate testate nucleari tattiche da impiegare, in caso di attacco sovietico, contro i carri dell’Armata rossa.
Negli anni ’60 e ’70 vennero dispiegati altri tipi di missili, mortai da otto pollici per il lancio di ordigni nucleari, e bombe atomiche di profondità destinate agli aerei della base di Sigonella per la caccia di sottomarini sovietici nel Mediterraneo. Successivamente sono arrivate le bombe attualmente stipate tra Ghedi e Aviano. Gli Usa hanno portato in Italia questo tipo di armamenti grazie all’accordo bilaterale denominato Stone Ax; una prima versione di questo fu siglato negli anni ’50; successivamente tra il 2003 ed il 2004 ne dovrebbe essere stata sottoscritta una nuova versione, figlia del clima post 11 settembre, che tra le principali innovazioni prevedrebbe periodiche revisioni e conseguenti aggiornamenti.
Per quanto riguarda l’accordo tra Italia ed Usa purtroppo il condizionale è d’obbligo visto che nessun patto in tal senso è mai stato sottoposto a voto parlamentare e che le uniche informazioni che si hanno le dobbiamo ad alcuni ricercatori statunitensi, come ad esempio William Arkin, un ex analista d’intelligence per l’esercito americano, che hanno diffuso tramite libri e ricerche le informazioni in loro possesso.

giovedì 4 aprile 2013

La vendetta di graticola


Sabato 6 Aprile ore 16:00
presso il Palazzo Ricci via Roncalli, 14 Pomarance (PI)

Bruno Niccolini
L’autore presenta il libro:

" La vendetta di graticola "

Coordinano:
Fabio Bernardini e Marusca Viaggi
 
Intervengono:
Il Sindaco Loris Martignoni
Graziano Pacini, Marcello Demi,
Franco Frediani, Jader Spinelli,
Claudio Gazzarri, Chiara Calastri
 
Proiezione di immagini dei Luoghi di Velathri
a cura di: Sauro Gennai
Con il Patrocinio del Comune di Pomarance e Associazione Officina Rolandi