L'Italia non partecipa alle operazioni di guerra, ma l'incrociatore Andrea Doria e la nave Maestrale, i pezzi migliori della flotta navale, sono salpati alla volta delle coste libanesi per proteggere il contingente Unifil dislocato in Libano, che fa da "cuscinetto" fra israeliani ed hezbollah libanesi.
Una decisione ineludibile perché ci sono più di mille soldati italiani in Libano e l'attacco alla Siria potrebbe provocare rappresaglia proprio sul contingente di interposizione Onu in Libano. Capi hezbollah l'hanno detto nelle ultime ore in modo chiaro: se verrà attaccata la Siria gli alleati degli Usa saranno nostri nemici.
Dichiarazioni che, tuttavia, arrivano alla vigilia dell'intervento americano per scoraggiare il sostegno di altri Paesi.
Non c'è dubbio che Unifil potrebbe essere coinvolta nel conflitto, specie se le perdite del regime saranno pesanti e costringeranno gli iraniani e gli hezbollah filo-siriani ad allargare il conflitto. Ove si verificasse questa malaugurata ipotesi, il governo italiano sarebbe costretto a modificare le regole d'ingaggio, seppure entro certi limiti.
Enrico Letta è tornato alla vigilia del G20 di San Pietroburgo, organizzato in casa di Putin, sulla posizione italiana: la decisione deve essere assunta dall'Onu, i raid al gas nervino che hanno ucciso 400 bambini vanno puniti perché non si ripetano. La linea del ministro degli esteri, Emma Bonino, subisce qualche ritocco, concedendo le buone ragioni agli Usa.
Le buone intenzioni del governo italiano incidono in misura assai contenuta sugli eventi, anzi non incidono per niente, le basi americane in Sicilia sono operative ed il teatro di guerra nel Mediterraneo mette i brividi.
Il numero dei profughi è destinato ad aumentare, i campi di accoglienza in Libano ed in Turchia sono al collasso, e le coste orientali della Sicilia sono l'approdo dei barconi stracolmi di siriani.
La guerra sotto il balcone di casa. Non è un brivido da augurare ad alcuno. Il Mediterraneo Orientale è affollato. Non solo di barche malandate che portano siriani ed egiziani che scappano dal teatro del conflitto, ma anche navi da guerra: la flotta della Marina militare americana si rafforza con l’arrivo della portaerei Nimitz, due sommergibili e una nave da sbarco, la S. Antonio. Ci sono anche i russi con le loro navi-spia, come ai tempi della guerra fredda: intercettano ogni informazione utile e, a quanto pare, informano, seppure con cautela, la difesa siriana. Ci sono anche i francesi con due unità, una presenza "dimostrativa" a quanto pare.
Barack Obama ha ottenuto il benestare di autorevoli rappresentanti dell'opposizione Usa, a cominciare dal suo ex sfidante, McCain. Il voto favorevole del Congresso appare scontato.
La posizione politica degli alleati, Gran Bretagna e Italia soprattutto, non sembra preoccupare più di tanto il Pentagono. Le basi Usa sono numerose e dislocate in luoghi strategici: Cipro, Turchia, Giordania. Non solo, le basi italiane sono "utilizzabili" comunque, a prescindere dalla posizione del governo italiano, i vincoli del trattato bilaterale Italia-Usa sono superabili. Basta che si verifichino situazioni di rischio per la sicurezza Usa.
Impossibile che gli Usa rinuncino a Sigonella. Ormai da anni la Marina militare USA costruisce la sua deterrenza proprio in Sicilia impiegando notevoli risorse. Recentemente, tra l'altro, è stato aumentato il contingente di marines ed è stata completata la flotta di droni, i temibili Global Hawk.
Saranno i droni, dislocati in Turchia ed in Sicilia, a fare la differenza secondo gli esperti, e ad annunciare l'inizio della spedizione punitiva contro il regime di Bashar Assad.
In concreto, dunque, l'uso delle basi siciliane di Sigonella non dipende dalla risoluzione dell'Onu, né da una decisione della Nato o del governo italiano, che può pertanto esprimere legittimamente la sua posizione, ma niente di più.
L'Italia è ostaggio degli Usa per sua scelta, non ha una pistola puntata alle sue spalle, ma ha stipulato accordi giudicati vantaggiosi, a suo tempo, dai governanti del nostro Paese.
Il governo italiano parla attraverso il presidente del Consiglio, Enrico letta e il ministro degli Esteri, Emma Bonino. Letta cerca di svolgere un ruolo di mediazione fra Usa e Russia ed ha lanciato un appello pubblico a Putin, perché consideri con favore il rinvio americano all'attacco. L'obiettivo è, chiaramente, disinnescare la miccia che potrebbe esplodere sul Mare Nostrum, la contrapposizione fra le due potenze che hanno le loro flotte schierate nel Mediterraneo orientale.
Accanto al "niet" di Emma, dunque, c'è Enrico Letta più "democristiano" e lungimirante, consapevole dei limiti di una posizione dura e pura dell'Italia. Quando Sigonella entrerà nella fase operativa all'indomani del digiuno francescano di Emma Bonino, il premier dovrà spiegare come possa accadere che a casa nostra siano gli altri a comandare. La necessità di spiegare come stanno le cose c'è, ma non può avere risposta netta ed inequivocabile in questa fase (provocherebbe reazioni preventive). Perciò si opta per una presenza discreta nel teatro di "pace", che si prepara all'ineluttabile....